giovedì 31 maggio 2012

5. Di Marco e di quella volta che scrisse "Abbordato" in un sms

“Stai cercando un film?” chiese Andrea, che aveva visto Marco accovacciato a frugare tra una fila di dvd.
“No, niente in particolare. Davo un’occhiata intanto che aspetto un’amica.”
Andrea fece un cenno accondiscendente con la testa, mentre cercava qualcosa da dire. Era la prima volta che cercava di attaccare bottone con un ragazzo da sobrio. O dal vivo, senza lo schermo di un PC e la finestra di una chat aperta davanti. O da vestito, al di fuori dell’ambiente protetto di una sauna per soli uomini.
“Mi parevi tu, prima” disse Marco. “Stavi davanti ai cd, con le cuffie… ma eri di spalle e non ero sicuro…”
“Ah sì, ero io… Stavo ascoltando per curiosità il cd di un tizio che deve aver vinto un qualche talent… ma non ricordo il nome e non so quale talent…”
“Eh sì” replicò Marco con una scrollata di spalle. “Pure io faccio fatica a distinguerli. Poi non ho Sky e non sopporto la DeFilippi… Mi sono fermato a Mengoni. Dopo di lui, niente più.”
“Se non fossi con un’amica, t’inviterei a prendere qualcosa da bere…” azzardò a dire Andrea. Forse qualcosa di alcolico lo avrebbe aiutato nel tentativo di sciogliere il ghiaccio.
“Si può fare lo stesso. Tanto la mia amica è accompagnata e non si offende” rispose Marco. “Le mando un messaggio…” ed estratto il cellulare, prese a digitare: Abbordato. A dopo, baci. “Solo che qua sotto non prende…” disse, ed insieme si diressero e raggiunsero le scale mobili.
Prima di uscire, attraversarono il reparto computer, ma Marco non vide né Stefano né Dario. Poco male, aveva inviato l'sms in copia anche a Ste.
“Il bar in fondo alla strada? Che dici?” domandò Andrea.
Marco approvò.
“Non mi dire che tu abiti qui vicino al centro…”
“No che non te lo dico” rispose Marco. “Abito proprio dietro l’angolo della fermata dove ho preso l’autobus. Se hai visto dove sono salito...”
“T’ho visto e puntato che ancora non eri salito” replicò Andrea. “Io invece sto un po’ più fuori. A S*** L***.”
“Davvero? Per un po’ anch’io ho abitato in quella zona.”
“Siamo stati vicini di casa? Ma non troppo vicini, sennò t’avrei notato in giro… Al supermercato, in parrocchia…”
“Ah no, non frequento quel tipo di parrocchia… Ma vuoi dirmi che sono appariscente? Non mi sembra di esserlo poi tanto…” fece Marco, comunque lusingato.
“No, vabbé. Mica sei appariscente. Però…” Andrea stava per dire Mi piaci ma si fermò. Forse era un po’ troppo presto per dirlo chiaro e senza la scusante di una qualche goccia d’alcol in circolo.
Però cosa?”
“Però però… Però com’è che hai cambiato casa?”
“Il proprietario voleva vendere e io non volevo comprare. L’appartamento era troppo piccolo perché prendessi in considerazione l’idea di farne casa mia.”
“Dove stai adesso è più grande?” domandò Andrea.
“No. È ancora più piccolo. Ma è più comodo a dove lavoro. Ed i proprietari non hanno intenzione di vendere, per cui penso che ci starò finché non sarò pronto per sobbarcarmi un mutuo.”
Erano arrivati al bar e sedettero ad uno dei tavolini fuori, all’aperto.
“Non è troppo presto per bere qualcosa, vero?”
“Magari è presto per un aperitivo, ma per un cocktail non è mai troppo presto. Dico io” disse Marco.
“Un bicchiere di bianco” ordinò Andrea alla ragazza arrivata subito con il taccuino delle ordinazioni.
Marco volle provare a fare il simpatico. “Il vino sa un po’ troppo di provinciale per me. Voglio un cocktail colorato e decisamente più alcolico. Tanto poi torno a casa in autobus”
“Cosa fai? Che lavoro fai?” domandò Andrea, dopo che Marco aveva scelto cosa bere e la ragazza s’era allontanata tutta sorridente.
“Noiosissimo impiego nell’ufficio amministrativo di una piccola impresa di spedizioni nella zona industriale. Tu?”
“Lavoro nella pubblicità.”
“Pubblicità...? Inventi slogan e crei campagne pubblicitarie? Qualcosa che posso aver visto o sentito?”
“Adesso, più che altro, procaccio clienti per la mia agenzia. Cerco di piazzare gli slogan inventati da altri.”
“Come in Mad Men?”
“Più o meno. Ma ho visto solo qualche puntata di quel telefilm…” rispose Andrea.
“Ecco sì. In effetti, a pensarci, visto da vicino vicino, somigli un poco a Jon Hamm…”
“Non sei autorizzato a dire stupidaggini. Non hai ancora avuto il tuo cocktail.”
“Ma no, sul serio” replicò Marco. “Solo più abbronzato e con un taglio di capelli più attuale…”
“Sì…? Non ti sembra un po’ troppo provinciale il mio taglio?”
“Dolce lui… Ti sei offeso per quello che ho detto?”
Andrea sorrise e fece cenno di no con la testa.
“Era solo una battuta. Infelice: me ne sono reso conto appena m’è uscita di bocca” disse Marco. “Non sono capace a fare il diplomatico, ma il dramma è che la maggior parte delle cavolate che dico nemmeno la penso davvero…”
“Ma non sono offeso per il tuo provinciale. Ho ordinato il vino solo perché quelle cose colorate ed ombrellate – come quella che ti sta arrivando adesso – mi sembrano un po’ troppo frociarole. Per lo meno, di pomeriggio…”
La cameriera poggiò sul tavolino il calice di bianco ed il bicchiere blu con ombrellino e cannuccia intonati, e con essi un paio di ciotole con degli stuzzichini.
“Sì, in effetti ‘sta cosa blu è estremamente frocia” disse Marco. “Ma nella foto sul listino sembrava sposarsi perfettamente con il colore dei miei occhi…”
“Ma tu non hai gli occhi blu…”
“E tu non sei affatto simpatico a ricordarmelo” disse Marco, prima di stringere le labbra a cuore attorno all’estremità della cannuccia.
Andrea alzò il calice e rise. “Che sciocco. Non sono blu però a me piacciono lo stesso.”

L'episodio 1.
L'episodio 6.

Nessun commento: